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Durante una tiepida giornata d’autunno, passeggiavo per le via del quartiere di Porta Venezia a Milano. Avevo appena comprato una monoporzione di pasticceria per merenda – ma magari di questa mia passione parleremo in un secondo momento – quando mi sono imbattuta nella libreria di zona. Sono sempre stata attirata dai luoghi pieni di libri, hanno suscitato in me sempre grande curiosità, e nonostante io abbia un fantastico e pratico Kobo, il cartaceo mi ha sempre rapita e così ho fatto acquisti.

 

L’autrice e il suo obiettivo

Geografa, femminista ed esperta di politica globale, è stata consulente delle Nazioni Unite e dell’Unesco su numerosi progetti di politica di genere e ambientale. Parliamo di Joni Seager, autrice di numerosi libri tra cui il suo famoso “Women’s Atlas” che ha avuto la sua prima edizione in lingua originale nel 1986. Di recente, grazie alla traduzione di Florencia Di Stefano-Abichain, “L’atlante delle donne” è arrivato in Italia con l’obiettivo di dare una panoramica ai suoi lettori sulla situazione delle donne in diversi contesti sociali e territoriali. Da laureata in geografia, non appena ho visto un libro colmo di appetibili mappe, non potevo fare altro che appropriarmene.

Si tratta infatti di un’analisi approfondita sulla situazione delle donne nel contesto globale, accompagnata da grafici colorati e numerose mappe. I temi approfonditi sono molti tra cui: la salute, il lavoro, l’istruzione, il potere, la povertà. Di questi posso scrivere qualche accenno, poi mi auguro che la curiosità nasca da sola e vi spinga ad approfondire questi temi.

 

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La copertina del libro

Sfogliando le sue pagine ci si rende conto che esiste parallelamente un mondo diverso da quello in cui siamo abituati a vivere, soprattutto legato alle disuguaglianze di genere in alcune zone della Terra.

Proprio su questo Chimamanda Ngozi Adiche (scrittrice nigeriana) scrive: “C’è chi chiede: Perché la parola femminista? Perché non dici semplicemente che credi nei diritti umano, o giù di lì? Perché non sarebbe onesto. Il femminismo ovviamente è legato al tema dei diritti umani, ma scegliere di usare un’espressione vaga come diritti umani vuol dire negare la specificità del problema di genere.”

 

 

Come misurare la discriminazione

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Pagina 15

L’obiettivo di questo Atlante è quindi quello di evidenziare attraverso le mappe e la narrazione di alcune realtà tale dicotomia; per questo penso sia interessante partire dal CEDAW, la Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna del 1979, che definisce come discriminazione ogni distinzione, esclusione o limitazione basata sul sesso.

Per misurare questo fenomeno viene utilizzato il Global Gender Gap Index e il SIGI (Social Institution and Gender Index): il primo misura il divario prendendo in analisi aspetti come il diritto all’istruzione, la sanità, le opportunità economiche e l’emancipazione politica; il secondo esamina invece le norme, le leggi sulle famiglie, l’accesso alle risorse, le libertà civili, la predilezione del figlio maschio.

Tra i Paesi con minor parità e maggior divario di genere troviamo sulla mappa alcuni paesi arabi e altri dell’Africa centro-settentrionale. Tuttavia sono evidenti anche molti Stati in cui il dato non è presente e che potrebbero quindi prevedere la stessa criticità.

 

Un regno di gabbie e i delitti d’onore

Uno degli elementi che mi hanno particolarmente colpita coinvolge Paesi come ad esempio l’Arabia Saudita, dove le donne hanno bisogno del permesso da parte di un tutore maschile per svolgere alcune attività per noi essenziali, ad esempio: viaggiare all’estero, ottenere un passaporto o la patente, sposarsi, studiare lontano da casa, e in alcuni casi anche lavorare. In caso di separazione dal primo, la donna deve necessariamente trasferire questo potere ad un altro tutore maschio. Ma attenzione: se si tratta di un divorzio, la tutela della donna rimane in carico al primo marito, anche se è stato violento. Per una cultura come la nostra, in cui l’indipendenza delle donne è un tema molto caldo e lottato, si fa molta fatica a comprendere tale situazione.

In altri casi, inoltre, le donne possono morire a causa dei cosiddetti “delitti d’onore”, ovvero se sospettate di aver avuto un comportamento indecente violando le normative di genere. Il dato più agghiacciante è che questi delitti sono spesso commessi dai componenti della famiglia, fratelli o padri, per ristabilire l’onore che il comportamento della donna ha danneggiato. 

Relativamente a questo tema suggerisco di prendervi qualche minuto e leggere l’articolo dell’Internazionale intitolato “Le case in cui si puniscono le donne disobbedienti in Arabia Saudita”.

 

La mortalità materna

Altri dati interessanti da leggere riguardano la maternità: tutt’oggi ci sono Paesi in cui il parto prevede un rischio ancora molto alto per la donna a causa del fatto che solo pochi dei parti sono assistiti da personale sanitario competente e in condizioni igieniche idonee.

Dalla mappa è visibile come le zone più a rischio fanno parte dell’Africa sub-sahariana; mentre nel mondo sviluppato sono gli USA a detenere il numero più alto di mortalità materna, e questo è un dato che ho conosciuto proprio leggendo queste pagine.

 

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Pagina 68 e 69

 

Il divario salariale, la disoccupazione, il lavoro domestico e l’istruzione sono tutti temi trattati all’interno dell’Atlante e seppur i dati sono aggiornati alla situazione pre-Covid suggerisco di concedersi questa lettura perché dà modo di conoscere realtà anche molto distanti dalla nostra, ovvero da quella Italiana. Questa lettura vuole spiegarci quanta strada ci sia ancora da fare e come nel nostro piccolo possiamo educare le persone che ci circondano.

 

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Pagina 196 e 197

 

Vi ho convinto? Allora correte in libreria a comprarlo (giuro che non ci guadagno niente) 😄

 

 

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