“Isola, fermata: Isola”
Intitolo questo articolo con le parole pronunciate della voce dell’ATM quando la Metropolitana ferma nel Quartiere Isola.
“Se sa che a parlà de Milan se fa minga fadiga
Con tanti argoment per i man el discors el scarliga
Ciappem per esempi i semafor, che gran maraviglia
Te par de vedè tanta gent a ballà la quadriglia…”
“…Se sa che a Milan gh’è in progett la metropolitana
Però ogni dì ‘sto progett semper puu el s’allontana.
In cambi nun semm che in pittura Milan l’ha faa scoeula
Gh’è intorna domà cartellon del formagg Gorgonzoeula…”
(da “Lassa pur ch’el mond el disa (ma Milan l’è on gran Milan)” di Giovanni D’Anzi, vi lascio link con sottotitoli in italiano).
Isola, come molti quartieri di Milano, grazie a una massiccia riqualificazione ha subito un cambiamento radicale negli ultimi 26 anni. Tutto, a mio avviso, è iniziato proprio con l’arrivo della Metropolitana: il 16 dicembre 1995 viene inaugurata la fermata Zara della linea MM3, (“la Gialla”), la prima in zona anche se non proprio in Isola, il cui perimetro è ben visibile nella mappa sotto:
ISOLA: DA “POSTACCIO” A “POSTICINO”
I confini dell’Isola, tra ‘800 e fino a metà del ‘900, erano:
- Il Canale della Martesana che scorreva lungo il tracciato dell’odierna Via Melchiorre Gioia;
- La ferrovia che andava da Viale Certosa a Rogoredo;
- Il Ponte della Sorgente: era un ponte della linea ferroviaria che intersecava Via Farini trasversalmente; la situazione all’epoca era ribaltata e la strada passava sotto la ferrovia (il tronco ferroviario che attraversava le attuali Via Pola e Via Restelli). Era detto della Sorgente a causa della presenza di molte fonti d’acqua nel sottosuolo, proprio per questo era soggetto a diversi allagamenti quando pioveva.
Gli accessi dalla Città all’Isola erano due: il Ponte di Via Farini e il Ponte di Ferro (ovvero il ponte che univa Corso Como a Isola e che ora non esiste più).
Questo assetto favoriva i malavitosi perché potevano facilmente controllare l’arrivo delle forze dell’ordine e regolarsi di conseguenza. Gli abitanti dell’Isola (operai, impiegati e forestieri) conoscevano questo stato di cose e sapevano che esisteva una sorta di coprifuoco. Prima dell’arrivo della Metropolitana e dei Locali di Via Borsieri, Isola non era infatti una zona raccomandabile (prostituzione, spaccio e borseggi), soprattutto di sera e d’inverno quando il buio giunge molto presto. Pensate che più o meno negli anni ’50 Via Borsieri era detta “la malandrina”.
Mezzi di trasporto ce n’erano, tram e filovia, ma non collegavano facilmente e velocemente il quartiere alle altre parti della città o agli altri comuni fuori Milano. L’inizio della svolta è avvenuta con l’arrivo della stazione della MM3 di Zara a metà degli anni ’90; da qui Isola inizia a svilupparsi e a rendersi appetibile agli stessi abitanti del quartiere e ai milanesi in generale, ora più sicuri perché “con più gente in giro“.
Le persone cominciavano a vedere Zara-Isola un buon posto per una sosta prima di tornare a casa dopo il lavoro e da qui la crescita è stata esponenziale: Isola da “postaccio” si è trasformata in un “posticino”, ambito per passare una bella serata nella Milano da Bere. La Via Malandrina è cresciuta ed è diventata una Signora Via.
Nel 2010 vengono inaugurati a pochi passi da Isola i Nuovi Palazzi della Regione Lombardia; nel 2012 viene inaugurata la famosa Piazza Gae Aulenti, ormai uno dei simboli non solo del quartiere ma di tutta Milano; nel 2014 l’arrivo della linea MM5 (“la Lilla”) rende definitivamente Isola un quartiere ambito e strategico
ISOLA: ORIGINI DEL NOME E STORIA DEL QUARTIERE
La storia del quartiere è connessa alla storia di Milano, lunga, travagliata e complessa, ma per quel che concerne Isola possiamo partire dalla conquista di Milano da parte degli spagnoli e dunque nel 1535 quando la città diventa Provincia Spagnola.
Milano era una delle città più popolose d’Europa ma…
“…Questa popolosissima e ricchissima città [non era] cinta da alcuna sorta di muraglia, ma solamente da un piccolo argine di terra difesa, ond’è stata per ogni tempo esposta alle invasioni di barbari [e] che ora don Ferrante ha dato principio a cingerla di buona muraglia: al passar nostro ne era già in opera un buon pezzo”.
(testimonianza dell’Arcivescovo di Zara Andrea Minuti di passaggio da Milano nel suo viaggio da Venezia a Parigi, 1549).
Il 22 marzo del 1549 venne posta la prima pietra delle mura spagnole, volute da Don Ferrante I Gonzaga, a sostituzione delle antiche mura Medievali. Nonostante le nuove mura, dette anche “Bastioni”, includano maggiori porzioni di città, molti quartieri rimasero esclusi.
Il toponimo “isola” viene usato spesso in Lombardia per identificare terreni abbondantemente irrigati e anche il Quartiere Isola, un tempo agricolo, ha questa caratteristica ed è infatti ancora ricco di acque: Seveso (che i milanesi e in particolare “gli isolani” ben conoscono perché speso esonda e trasforma le vie in fiumi), Martesana, Redefossi e fontanili.
Seguendo questa logica ogni quartiere fuori le mura avrebbe dovuto chiamarsi Isola “qualcosa” ma per questo quartiere le cose andarono diversamente fino a diventare l’Isola per antonomasia.
La “I” maiuscola per quest’area comparve intorno al 1720 nel primo rilevo del Catasto Teresiano o Catasto Carlo IV. I lavori censuari voluti da Carlo IV D’Asburgo (l’allora imperatore del Sacro Romano Impero) furono avviati ufficialmente nel 1718 da una apposita commissione nominata dall’imperatore stesso e composta di “non milanesi” per evitare favoritismi e salvaguardare l’oggettività. Fu un lavoro molto complesso e più volte interrotto per questioni politiche, per questo entra in vigore molti anni dopo: nel 1760, quando la guerra di Successione Austrica porta Maria Teresa sul trono (ed ecco perché è conosciuto con il nome Catasto Teresiano).
Nel primo rilievo la nostra area di interesse appare appena a nord di Porta Comasina (ora Porta Garibaldi); sul lato ovest della strada Comasina, ora Corso Como, è disegnato un riquadro lungo e stretto, in cui si legge Insola de Porta Comasina:
Allora come oggi la Comasina costituiva una delle più importanti strade commerciali tra Milano, la Brianza, i laghi e la vicina Svizzera. Fino agli inizi del Novecento le mura spagnole fungevano anche come cintura daziaria di Milano: immediatamente fuori dalla mura e lungo questa cintura tutto attorno a Milano erano sorti depositi in cui i commercianti all’ingrosso immagazzinavano le merci (vino, sale, ecc…) che i negozianti della città venivano a ritirare, pagando il dazio nel momento in cui le facevano entrare in città. L’Insola di Porta Comasina era probabilmente uno di questi depositi sorvegliati, destinati a merci in attesa di essere introdotte a Milano, analogo per funzione agli attuali magazzini doganali della zona Farini.
All’estremità del complesso più vicina a Milano, sulla mappa si legge Bolino della cita, cioè: “Bollino della Città”, una delle tante osterie/depositi di vino, dove si pagava dazio. Le botti e gli altri contenitori di vino potevano entrare in città solo se muniti dell’apposito “bollo”.
Nell’Ottocento la zona era ormai urbanizzata e sulle mappe appare Mezza lingua e dall’Osteria della mezza lingua, cioè “del balbuziente”, soprannome del titolare dell’esercizio, poi albergo, succeduto al “Bollino” e durato fino agli inizi del Novecento. L’Osteria della Mezza lingua, situata appena fuori dalla porta Comasina, era nota ai milanesi per il vino non gravato dal dazio, se bevuto sul posto.
Il toponimo Isola è presente anche nelle successive mappe di Milano, come quella del 1832 di William Barnard Clarke dove, appena dopo l’uscita dalla città dal Ponte delle Gabelle, sulla sponda est del Naviglio della Martesana, appare la denominazione “Isola Bella”, relativa ad un’osteria (in seguito albergo in esercizio fino al 1975) che fungeva da prima fermata delle diligenze sulla strada postale Milano–Monza.
È una leggenda metropolitana che l’Isola sarebbe stata così chiamata perché zona “isolata” dal resto di Milano dalle costruzioni ferroviarie.
Solo a metà dell’Ottocento l’Isola venne fisicamente divisa in due parti (sud e nord) dagli impianti ferroviari, stesi da est ad ovest trasversalmente alla strada Comasina, che ne venne sbarrata: inizialmente dalla ferrovia Milano-Monza, costruita nel 1840 a nord del Ponte delle Gabelle; poi dalla prima stazione Centrale di Milano (1864); oggi dalla stazione di Porta Garibaldi (1961).
L’ISOLA IERI E L’ISOLA OGGI, INTERVISTA DOPPIA
Tra il 1786 e il 1911 dove confluisce Via Borsieri, tra i Piazzali Lagosta e Segrino c’era un il Cimitero della Mojazza. L’appellativo Mojazza deriva dal dialetto milanese: mojà significa inzuppare, intingere in un liquido e infatti il terreno era fortemente imbevuto d’acqua. In realtà il dialetto milanese è stato contaminato dalla lingua spagnola in questo caso, il mojar significa infatti bagnare.
All’ingresso del cimitero sostava una vecchietta sugli ottant’anni, chiamata da tutti La Gobbetta della Mojassa che ufficialmente vendeva ostie votive per i defunti, ma in realtà sovrintendeva lo sbocciare degli amori tra i giovani dell’Isola curando e smistando la loro corrispondenza segreta.
L’ISOLA FELICE
Il quartiere che per tutti è semplicemente l’Isola, per me è anche l’Isola felice: mia nonna ha vissuto qui tutta la sua lunga vita (100 anni!) e io ho avuto la fortuna di “bazzicare” il quartiere assieme a lei e al resto della mia famiglia per molto tempo.
Mia madre qui ha studiato prima, e insegnato poi. Sempre qui una volta uscita da scuola venivo per prendere ripetizioni di matematica da mia zia, rigorosamente dopo un pranzo luculliano preparato dalla nonna e seguito da tutte le partite di Machiavelli possibili con lei per poi, non appena percepivamo l’arrivo della Prof, scattare per far sparire carte e telo verde (beh… c’era classe!) e far comparire libri e quaderni e, con elegante indifferenza, metterci in posizione: nonna al lavello per lavare i piatti, io al tavolo a lavorare. Non che la zia ci sia mai cascata: “perché io ci credo, non avete giocato a carte fino adesso!”, diceva, e noi ridevamo 😁
Qui mio zio mi faceva ridere quando ero piccola “con cose da grandi” e mi spiegava i misteri della natura e degli insetti, per lui tanto affascinanti (e per me tanto orribili!).
Qui la mia nonna è diventata nonna bis (traguardone!); sempre qui ho visto 4 generazioni riunite (mia nonna, mia mamma, mia sorella e sua figlia); così come io qui ho conosciuto i fratelli di mia nonna, che ricordo sempre sorridenti, e la mia nonna bis, la sua allegria e gioia di vivere dietro quello sguardo vispo; qui si sono creati rapporti indissolubili con chi non ha con noi legami di sangue ma instaurato legami ben più forti… Qui ci riuniamo e ritroviamo.
C’è dunque chi vive l’Isola solo come un quartiere IN, poi c’è chi l’ha vissuta, come la mia famiglia, e chi l’ha vista crescere, trasformarsi e che, col suo seppur piccolo contributo, per me l’ha resa grande.
Valentina
Davvero interessante sia la parte più storica che quella più emozionale (anzi, quella ancora di più ❤️) perché un quartiere è soprattutto questo: il racconto di generazioni che si tramandano abitudini e momenti speciali. Complimenti!
Valeria DG
Ciao Valentina,
Hai ragione, d’altronde la Storia è fatta di storie e Isola non fa eccezioni, soprattutto per me 🙂 ❤️!
Grazie per il tuo commento! Siamo felici che l’articolo ti sia piaciuto!
Continua a seguirci!
A presto!
Francesco
Un racconto molto bello nello scritto e nelle immagini. La mia prozia Nilla quando mi accompagnava alla scuola di via Dal Verme se si passava da piazzale Lagosta o piazzale Segrino ogni volta mi diceva: “Dove c’é quella casa una volta c’era un cimitero”. Varcavamo così il confine tra la zona seminuova dell’Isola (via Lario con case degli anni ’50 e la zona vecchia che iniziava in via Borsieri. Percorrendo quest’ultima in direzione centro era un susseguirsi dei classici negozi anni ’60 con i relativi odori su strada. Il peggio arrivava in corrispondenza dell’ortolano che sui bancali in legno esterni metteva la mostarda che emanava odore anche se i contenitori erano chiusi…per me era terribile. Poi arrivava il negozio che spargeva odori di formaggio…per me era terribile. Infine la cartoleria con un buon odore di carta e d’inchiostri. Poi arrivava la scuola: la passeggiata era finita.
Valeria DG
Ciao Francesco,
una passeggiata che andava di male in peggio insomma 😀 !
Grazie per il tuo commento e per aver condiviso con noi la tua esperienza e il tuo ricordo.
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A presto!
Libera
❤️ l’articolo è piacevole interessante e ben costruito intreccia storia evoluzione urbanistica sentimenti personali che rivelano un particolare affettuoso legame all’Isola .Le fotografie sono ben scelte e godibili gli allegati grafici aiutano. Brava Valeria mi sei piaciuta.
Valeria DG
Ciao Libera,
SIamo felici che l’articolo ti sia piaciuto e che ti abbia colpito positivamente 🙂 !
Grazie per i complimenti! e per il tuo commento!
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A presto!
Consuelo
Si riesce quasi a respirare l’aria di questo angolino di Milano, e si percepisce molta tenerezza nella rievocazione dei ricordi personali. La narrazione storica è ben dettagliata e non noiosa, con la giusta quantità di dettagli e curiosità; c’è dietro un bello studio ed un’interessante strutturazione del racconto. Chi come me ci ha vissuto può scorrere le tue parole e trasformarle in immagini, visualizzando gli eventi come in un timelapse e allo stesso modo richiamare alla memoria mille emozioni. Brava, ben fatto!
Valeria DG
Ciao Consuelo,
Siamo felici che l’articolo ti sia piaciuto e ci fa molto piacere che abbia potuto evocare belle sensazioni e bei ricordi! Grazie per il tuo commento e la critica positiva, è molto importante per noi avere un riscontro dal pubblico e condividere con esso opinioni e emozioni!
Continua a seguirci!
A presto!